La comunità di Caprese Michelangelo fece una chiara scelta di campo. Scrisse Giovannino Fiori: “La quasi totalità era schierata idealmente dalla parte di coloro che lottavano per la libertà e la democrazia. L’azione partigiana, pertanto, pur con molte riserve sul comportamento di alcuni personaggi, era vista e sostenuta come lotta comune contro l’invasore tedesco e i suoi collaboratori, non come guerra civile fra italiani”.
Tale scelta non si manifestò solo nella concreta solidarietà verso il variegato coacervo di persone che popolò quei monti tra il 1943 e il 1944 – internati e prigionieri evasi, partigiani e sfollati –, ma anche in un deciso rigetto della chiamata alle armi da parte dei giovani. Solo 6 o 7, ricordò Fiori, risposero al bando, ma poi colsero l’occasione di un bombardamento ad Arezzo per rendersi irreperibili. I boscaioli inoltre, come ammise don Tersilio Rossi, “non erano mai scesi a compromessi con il fascismo, anche quando trionfava nelle piazze, per le strade e nelle scuole”. E famiglia antifascista di boscaioli erano i Meazzini di Valboncione, che ebbero un ruolo centrale nella Resistenza locale. Proprio loro furono uno dei bersagli principali del grande rastrellamento fascista che interessò il Capresano all’inizio di novembre. Gli anziani vennero arrestati; i più giovani – Albano, Enzo e Fosco – riuscirono a fuggire.
L’allora ventitreenne Albano Meazzini fu tra i primi a prendere l’iniziativa di andare alla macchia. Su indicazione del CPCA aretino si era messo subito in contatto con la formazione costituita molto precocemente sull’Alpe di Catenaia dal brigadiere Giovanni Zuddas. Per la banda di “Tifone” – questo il nome di battaglia di Zuddas –, Meazzini e i capresani di Valboncione e Fragaiolo divennero un punto di riferimento importante.
Il comitato antifascista clandestino di Anghiari continuò a prendere a cuore la sorte delle bande sull’Alpe di Catenaia, garantendo collegamenti e rifornimenti. Tuttavia finì con lo stringere un legame più stretto con quella degli slavi, soprattutto dalla metà di aprile. Francesco Rumori avrebbe riferito che quei partigiani “avevano maggiore necessità di avere un contatto con me stesso, perché era necessario rifornirli di quanto le occorreva, in modo speciale in armi e munizioni”. E aggiunse: “Questa formazione fu rifornita di armi, munizioni, sigarette, calze, articoli per riparazioni di calzature e carte d’identità con cittadinanza italiana e nomi falsi, perché se trovati isolati dai nazifascisti avevano modo di comprovare di essere dei cittadini qualsiasi”. Per coraggio e generosità nel dare un aiuto ai partigiani dislocati sopra Ponte alla Piera, tra i patrioti anghiaresi si distinse la trentaquattrenne moglie di Giuseppe Livi, Angiola Crociani. Continuò a portare lassù sia viveri che armi. Lei stessa provvide a procurarsele. Si legge nella sua scheda di partigiana: “Ha disarmato alcuni militi repubblichini catturando in tre giorni otto pistole e quattro moschetti”. Altro importante amico e assistente dei partigiani del Capresano fu il dottor Carlo Vigo. Nato nel 1900 a Udine, esercitava la professione di medico tra Sansepolcro, dove risiedeva, e Caprese Michelangelo, di dove era originaria la moglie. Dopo essersi speso generosamente a favore dei fuggiaschi di Renicci, divenne “l’abituale soccorritore” dei partigiani dell’Alpe di Catenaia, rifornendoli “di vestiti, cibi ed armi, spesso condividendo i loro stessi pericoli”. Sarebbe saltato su una mina il 3 ottobre 1944 nello svolgimento del suo lavoro.
Patrioti di Anghiari
La sigla SAP indica i componenti della Squadra di Azione Patriottica di Anghiari, che includeva anche i partigiani locali della banda del “Russo”. Tra gli elencati, risultano riconosciuti patrioti dalla Commissione regionale toscana Amedeo Cerboni e Antonio Ferrini.
Bellanti Armando, di Antonio, 1924-1990, mezzadro.
Bellanti Filippo, di Antonio, 1916-2004, mezzadro.
Cerboni Amedeo, di Alberto, 1897-1971, calzolaio, già esule comunista (SAP).
Draghi Saro, di Nazzareno, 1912-1975, mezzadro (SAP).
Ferrini Antonio, di Francesco, 1903-1990, calzolaio (SAP).
Marconi Giocondo, di Pasquale, 1889-1960, falegname (SAP).
Piccini Faliero, di Angelo, 1924-1996, muratore.
Procelli Igino, di Davide, 1902-1977, calzolaio (SAP).
Rumori Francesco, di Giuseppe, 1904-1973, calzolaio (SAP).
Santi Ezio, di Alberto, 1925-1968 (SAP).
Tagliaferri Matteo, detto “Tito”, 1899-1983, commerciante (SAP).
Patrioti di Caprese Michelangelo
Dei sottoelencati, sono stati riconosciuti patrioti dalla Commissione regionale toscana Eugenio Finocchi, Stefano Palazzeschi e Alvaro Perugini. Gli altri sono considerati a tutti gli effetti patrioti nella tradizione locale.
Cecconi Agostino, di Angiolo, nato a Caprese Michelangelo nel 1923; Finocchi Eugenio, di Oreste, nato a Caprese Michelangelo nel 1924; Guelfi Giovanni, di Giuseppe, nato a Sansepolcro nel 1917; Meazzini Clemens, di Giocondo, nato a Caprese Michelangelo nel 1921; Nannici Lando, di Galliano, nato a Caprese Michelangelo nel 1923; Nuti Celso, di Santi, nato a Caprese Michelangelo nel 1922; Palazzeschi Alfonso; Palazzeschi Stefano, di Dario, nato nel 1925; Pasquetti Gino, di Ottavio, nato a Badia Tedalda nel 1901; Perugini Alvaro, di Filippo, nato nel 1908, medico; Pigolotti Emilio, di Ferdinando, nato a Caprese Michelangelo nel 1924; Rubechi Amabile Gelasio Abramo, di Francesco, nato a Caprese Michelangelo nel 1888; Rubechi Emidio, di Giovan Battista, nato a Caprese Michelangelo nel 1897; Rubechi Santi, nato a Caprese Michelangelo nel 1896; Serafini Celestino, di Giuseppe, nato a Caprese Michelangelo nel 1896; Serafini Gerardo; Serafini Pasquale, di Fortunato, nato nel 1901.
Per il testo integrale, con le note e la fonte delle illustrazioni, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.