Le autorità fasciste non potevano che constatare la relativa facilità con la quale i partigiani sfuggivano agli accerchiamenti e si muovevano da un punto all’altro degli Appennini. E si sentirono spesso impotenti. Appena quattro giorni dopo il rastrellamento del 13 aprile, circa 70 “ribelli” armati – secondo quanto riferì il Notiziario della GNR – razziarono villa Grilli a Casella di Anghiari, asportando generi alimentari e vestiario per un valore di oltre 100 mila lire. Ecco quanto avvenne a Chiusi della Verna la sera del 6 maggio: “[…] un centinaio di ribelli armati, transitarono per Chiusi della Verna, soffermandosi in piazza San Francesco e dirigendosi poi verso Pieve S. Stefano. I banditi portavano al seguito dieci quadrupedi, mitragliatrici e fucili mitragliatori, casse di munizioni e materiale vario”. I fascisti ammisero l’inefficacia dei pur vasti rastrellamenti effettuati insieme ai tedeschi in Valtiberina e nel Casentino e percepirono la loro vulnerabilità di fronte agli attacchi delle “bande armate” soprattutto nei piccoli borghi rurali: “La deficienza dei mezzi, il ridotto contingente di uomini, che è possibile assegnare ai numerosi distaccamenti talora quasi isolati, non consentono sempre di fronteggiare, come si vorrebbe, l’intensa attività dei ribelli che, fra l’altro, saccheggiano gli ammassi, spesso appoggiati dagli stessi contadini”.
Lo stillicidio di requisizioni effettuate a maggio dai partigiani tra Anghiari, Caprese e Pieve Santo Stefano confermò che quel territorio era sostanzialmente sotto il loro controllo. Gli stessi Notiziari della GNR riferirono nove azione di requisizione in quella zona dal 4 al 26 maggio. Colpirono ville e negozi di campagna, qualche persona politicamente invisa e le fattorie di Marco Buitoni ad Albiano, dei duchi San Clemente alla Barbolana e del marchese D’Affitto a La Speranza. Furono asportati ogni genere di alimenti, vestiario, biancheria, qualche cavallo e somme di denaro. In una di queste circostanze i “ribelli” si allontanarono poi verso Ponte alla Piera dove, secondo i fascisti, “era attestata la loro banda, forte di circa 150 uomini”.
Comprensibile quindi il senso di sconforto che trapela dai comunicati del regime. A fine maggio descrivevano con tali parole la situazione nell’Aretino: “Lo spirito pubblico è molto depresso e nelle campagne si nota un diffuso senso di stanchezza fra i contadini, per le spoliazioni e soprusi che sono costretti a subire da parte dei ribelli”. Allarmava anche la consistenza delle formazioni partigiane. Arrivavano segnalazioni di una nuova banda, forte di circa 200 uomini, sui monti di Sovaggio (Caprese Michelangelo) e di una guarnigione di circa 80 ribelli che stazionava presso Ponte alla Piera. Cifre esagerate, ma che sottolineavano come una Resistenza ancora debole militarmente segnasse punti a suo favore nello scontro psicologico tra i due schieramenti e fosse un’oggettiva insidia sul piano politico e sociale.
Era pure frustrante per i fascisti constatare come l’avversione verso il regime si manifestasse persino tra chi beneficiava di condizioni di favore. Come i lavoratori della “Todt”. Tanti giovani in età di leva – soprattutto della Valtiberina toscana e di San Giustino – avevano colto l’occasione fornita dall’organizzazione tedesca, che di fatto permetteva a quanti reclutava di schivare l’arruolamento nei reparti della Repubblica Sociale. L’ostilità dei fascisti nei confronti di questi operai, considerati opportunisti e privilegiati, ebbe modo di manifestarsi in forma brutale a fine maggio a Molin Nuovo. Venuti a sapere che durante il trasferimento in treno dei lavoratori dalla valle ad Arezzo c’era chi malignava sul regime e addirittura chi intonava canti “sovversivi”, i fascisti bloccarono in forze il convoglio nella piccola stazione, misero in atto un pestaggio generale, uccisero con colpi d’arma da fuoco il giovane Angiolo Biagioli di Sansepolcro e tennero per un po’ in prigione buona parte dei malcapitati.
Per il testo integrale, con le note e le fonti delle illustrazioni, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.