“Non dubitare, babbo mio! Un Balilla non può e non deve conoscere che la volontà e l’energia!”
Era il 22 marzo 1928. Angelo Gambuli aveva 12 anni e frequentava la prima ginnasiale (all’epoca non esisteva ancora la scuola media). Prometteva al padre Amerigo che avrebbe fatto di tutto per vincere quel “po’ d’indolenza” che si sentiva addosso. Angelo così concluse la sua lettera: “Oggi più che mai, chiedo a Dio e alla Mamma, che mi protegge dal Cielo, che tra tanti anni, quando sarò uomo e avrò già compiuto il mio dovere di soldato, tu – ancora vegeto e sano – possa ricordarmi con soddisfazione i piccoli sforzi che ho fatto e che farò per diventare quello che tu desideri”.
Come ogni altro fanciullo, in quel marzo 1928 Angelo era inquadrato nei ranghi della sezione tifernate dell’Opera Nazionale Balilla, l’organizzazione su cui puntava Benito Mussolini, il Duce del fascismo, per forgiare una nuova generazione di italiani. Affiliarsi all’ONB era obbligatorio, non appena si raggiungeva l’età di 8 anni e si frequentava la prima elementare. Fino a 14 anni i bambini venivano inquadrati come Balilla, le bambine come Piccole Italiane. Poi gli uni diventavano Avanguardisti, le altre Giovani Italiane. Raggiunti i 18 anni, si passava tra i Giovani Fascisti. Un processo di crescita e di formazione nell’ambito del regime totalitario fascista, quindi, che plasmava una generazione intera con i suoi valori, la sua cultura e la sua ideologia.
Per quanto obbligatoria ed educativamente impegnativa – per la disciplina e per l’insieme delle attività – l’ONB piaceva ai giovani. Anche alla maggior parte delle famiglie, perché garantiva importanti forme di assistenza e contribuiva in modo significativo all’educazione della gioventù. Il suo fine di indottrinamento politico e culturale era comunque palese: un aspetto duro da accettare da parte delle famiglie che non condividevano le idee fasciste o che avevano addirittura subito la violenza dello squadrismo fascista.
Anche Angelo partecipava volentieri alle iniziative dell’ONB. Il diario che tenne nel marzo del 1928 apre un interessante spaccato sulle attività dell’Opera a Città di Castello; nel contempo testimonia del senso di appartenenza all’istituzione di un bambino come lui. Il 1° marzo assistette al Cinema Eden, inquadrato con i compagni, alla commemorazione del generale Armando Diaz, che guidò l’esercito italiano alla “strepitosa vittoria” nella prima guerra mondiale: “Durante la conferenza ho pensato a tutti i bravi e valorosi soldati che sono morti per la nostra bella Italia e al giorno in cui dovrò anch’io servirla con onore come hanno fatto tutti i soldati durante la grande guerra”. Qualche giorno dopo Angelo ribadiva il solenne impegno di tutti i Balilla per servire militarmente l’Italia: “E se verrà anche il nostro turno vorremo dimostrare di essere degni dei nostri fratelli morti per la nostra Patria bella”.
Per quanto fosse allora la norma una severa disciplina della gioventù a scuola e nelle ancora rare esperienze associative, fu percepito come una novità il rigido inquadramento militaresco dei maschi. Angelo così descrisse una passeggiata di gruppo pomeridiana: “Per strada le persone, sentendo i comandi del caposquadra, si sono affacciate alle finestre e si sono appressate alle porte per guardarci”.
Il diario di quei pochi giorni rivela anche in altri punti la convinta adesione di Angelo all’ONB: “Dopo essere andato alla Messa, sono andato in divisa alla sede del Balilla, ma sono rimasto deluso perché avevano sospeso il servizio […]”; “vi ho trovato il professore che mi ha dato alcuni incarichi, che molto volentieri ho adempiuti”.
All’occhio attento di Angelo non sfuggì comunque un episodio emblematico di come la politica era pronta a trarre vantaggio da quella massa di giovani inquadrati. L’11 marzo i reparti Balilla furono schierati per accogliere l’on. Felice Felicioni, in visita a Città di Castello. L’atteggiamento del deputato non piacque affatto: “Sono rimasto abbastanza deluso: speravo che l’onorevole Felicioni ci rivolgesse qualche parola ed invece ci ha appena guardati!”
Che l’ONB piacesse a molti giovani dovette ammetterlo pure il direttore di scuola elementare Giulio Briziarelli. Per quanto non fascista, dovette soggiacere a tutti i rituali e a tutte le imposizioni didattiche, culturali e organizzative dettate dal regime. Avrebbe poi ricordato che tanti fanciulli e fanciulle “sognavano solo le adunate e le divise” e “si sentivano felici soltanto fuori di casa e della scuola”.
Nel 1928 l’ONB tifernate, attiva già dall’anno precedente, poteva vantare a livello maschile uno schieramento di 665 Balilla e di 254 Avanguardisti. Il primo dei suoi saggi ginnici, cui partecipò anche Angelo, ebbe luogo proprio il 3 giugno di quell’anno. Al vertice dell’Opera fu posto un preside di scuola molto stimato, Gaetano Bani. Il suo stretto collaboratore Mario Balestra, direttore della Colonia Giovani Lavoratori “Paterna Domus”, così espresse il fine “ineffabile e tremendo” dell’Opera: “Educare la gioventù a vivere inquadrata nelle file del fascismo, rinnovandosi nel nuovo clima storico”.
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.