Vendemmia
Momenti della vendemmia.

Agricoltura tifernate e coltura della vite

Il vinsanto, così detto perché l’appassimento dei grappoli d’uva generalmente si protraeva fino alla festività novembrina di Tutti i Santi, ha un radicamento secolare nell’Alta Valle del Tevere.

Prima delle epocali trasformazioni economiche e sociali degli ultimi decenni, il territorio è rimasto sempre prevalentemente agricolo. Se si prende in considerazione Città di Castello il centro principale del comprensorio, dove peraltro si manifestava una certa vivacità delle attività artigianali e industriali, nel 1881, su una popolazione di diritto di 24.491 unità, ben 11.218 individui erano dediti all’agricoltura. Mezzo secolo dopo, tra il 1928 e il 1931, degli oltre 31.000 residenti nel comune, 10.594 individui si dedicavano prevalentemente all’agricoltura; altri 3.985 la consideravano un’occupazione secondaria. Nel 1951, infine, quando Città di Castello arrivò a contare 37.146 abitanti, ben il 65,1% circa della popolazione attiva era ancora occupata nell’agricoltura. Nell’insieme dell’Altotevere umbro, la percentuale raggiungeva il 69,4%, per un totale di 36.296 persone.

Per quanto subisse i riflessi di una atavica arretratezza, dalla fine dell’‘800 l’agricoltura locale ha conosciuto un progressivo sviluppo. Ne rappresentò un momento significativo, nel 1886 la nascita del Circolo Agrario dell’Alta Valle del Tevere, associazione fra proprietari e agricoltori. Fu proprio per suo impulso che tre anni dopo si aggiunse un corso d’Agraria alle locali Scuole Tecniche; impartiva l’insegnamento dell’agricoltura in generale, con un corso a parte di viticoltura ed enologia. Fu chiamato all’insegnamento il prof. Guglielmo Baldeschi, già direttore della Scuola di Viticoltura ed Enologia di Cagliari.

Proprio Baldeschi promosse la nascita, nello stesso 1889, della prima Cantina Sociale. Da allora migliorò sensibilmente la qualità dei vini locali, che si guadagnarono riconoscimenti alle esposizioni nazionali degli anni 1892-1893. Si intensificò anche la commercializzazione e vi fu una prima fortunata esperienza di esportazione in Austria.

Nel 1892, nel comune tifernate,  si coltivavano a vino 25.000 ettari di superficie, per un prodotto di 9.100 ettolitri di vino rosso e di 55.900 di bianco. A quell’epoca la coltivazione della vite era in piena espansione, anche in virtù del dinamico apporto di cospicui proprietari come il barone Leopoldo Franchetti. Le varietà principali dei vitigni coltivati erano la canaiola e il sangiovese, per le uve nere, il trebbiano, il greco, il parlano, il biancone, il peruscino e la vernaccia per le uve bianche.

La coltura della vite – con il grano, il granturco e poi il tabacco –  mantenne una sua centralità. Alla fine degli anni ’20 del ‘900, nel territorio tifernate i filari di viti attraversavano 10.554 ettari, il 28,4% della superficie agraria e forestale.