Carta ottocentesca del Governo di Città di Castello, al confine con il Granducato di Toscana.
I cospiratori altotiberini (1833-1836)
Nascostamente, nuclei patriottici cercavano di tessere la loro trama cospirativa anche nell’Alta Valle del Tevere. Già nel 1833 le autorità di polizia dello Stato della Chiesa e del Granducato di Toscana si scambiavano informazioni che indicavano in Città di Castello un significativo crocevia di relazioni clandestine tra oppositori delle monarchie assolute: “Mi vien pure supposto che i Liberali di Perugia abbiano alcuni corrispondenti in Città di Castello, fra i quali il marchese Bufalini, e che si mantengono alcune corrispondenze con taluni abitanti del Borgo S. Sepolcro”.
Sentendosi parimenti minacciati dai patrioti, i due Stati compresero che bisognava accrescere la vigilanza soprattutto in quelle zone di confine, come l’Alta Valle del Tevere, dove la contiguità territoriale e i molteplici interessi commerciali favorivano scambi di idee, contatti interpersonali e passaggi di materiale stampato, di corrispondenze epistolari e persino di armi. A tal proposito è di grande interesse il carteggio del 1836 tra le autorità governative e di polizia toscane e pontificie. Una lettera da Roma segnalò lo “smercio di undici paia di pistole corte” avvenuto nel territorio tra Fossombrone e Urbino e precisò che da Città di Castello “se ne erano spedite due a due canne ad un tal Curzi di Sant’Angelo in Vado e ad un tal altro Lanciani”.
La segnalazione tracciava un quadro – certamente preoccupante per il governo papale – di un’intensa attività settaria nella zona di confine che aveva proprio Città di Castello come punto di riferimento: “Si crede inoltre che fra la Toscana, Città di Castello e la provincia d’Urbino e Pesaro siasi attivata qualche corrispondenza settaria, e si è venuto a conoscere che un certo David Zangarelli di Apecchio, il quale passa vari mesi all’anno a Città di Castello, transitò il dì 22 del passato settembre per Urbania, recandosi in Urbino sotto pretesto di formare una dozzena con un tal Sabatini onde stabilirsi colà per fare degli studi di medicina; ma che lo scopo è di attingere da certo Giamartini e Ugar notizie politiche della Romagna recando egli quelle di Perugia e della Toscana, incaricatone probabilmente dal dott. Ricci e Buffalini di Città di Castello, i quale si asserisce che fanno parte della Giovane Italia”.
L’articolo è un estratto, privo delle note che corredano il testo di Alvaro Tacchini nel volume: Alvaro Tacchini – Antonella Lignani, “Il Risorgimento a Città di Castello” (Petruzzi Editore, Città di Castello 2010).