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I tedeschi a Città di Castello

 

Con la totale disgregazione del fascismo repubblicano tifernate, mentre gli alleati erano ormai alle soglie di Perugia, la città rimase in mano ai tedeschi. tedeschi il 19 giugno ordinarono lo sfollamento obbligatorio della popolazione.
 
Il comando germanico comunica
E’ stata disposta la distribuzione del grano direttamente dal silos.
Il nemico è vicino! Le forze d’invasione sono costituite da australiani, marocchini e negri.
Poiché per necessità belliche occorre far saltare taluni edifici, ponti e strade, si ordina alla popolazione di sfollare dalla città non oltre lo ore dodici del giorno 20 corrente.
Nelle ore del mattino del giorno 20 la popolazione non potrà far uso delle strade principali (Tiberina e oltre Tevere per Umbertide ed Arezzo) per farvi transitare veicoli anche se condotti a mano.
La direzione della Ferrovia dell’Appennino dovrà disporre per il maggior numero possibile di corse nella direzione di Arezzo.
Chi non obbedirà a tali ordini sarà ritenuto connivente con il nemico.
Chi sarà trovato con armi sarà fucilato sul posto.
 
Città di Castello 19 giugno 1944
 
Ostsckommandant Muller
 
Il manifesto preluse a un mese durissimo di saccheggi e distruzioni, mentre le truppe tedesche resistevano accanitamente all’avanzata degli Alleati.
In città l’ospedale venne depredato della moderna sala operatoria, del gabinetto radiologico, di gran parte dei letti e di altra attrezzatura essenziale al suo funzionamento. Fu posta a sacco anche la vicina sede della Fattoria Autonoma Tabacchi, che dava lavoro a circa 700 operai: poco rimase della sua falegnameria, dell’officina meccanica, del magazzino e persino della mensa. Poi i tedeschi dettero alle fiamme il magazzino botti di Rignaldello, dove era accumulato il prodotto degli anni 1942 e 1943. Fu ridotta in cenere anche la Segheria Nardi.
Attuando una strategia di metodica distruzione, gli occupanti fecero saltare in aria gli impianti dell’acquedotto cittadino, la stazione ferroviariacon i suoi fabbricati e la sua officina e tutti i ponti in ferro della ferrovia. Poi, prima di lasciare la città – liberata il 22 luglio – avrebbero minato il ponte sul Tevere e una cinquantina di altri ponti del comune tifernate, isolando completamente il centro urbano dalla circostante campagna e dai territori limitrofi.
Si deve all’opera coraggiosa del pretore Celso Ragnoni, al quale i fascisti avevano lasciato in mano le redini della città prima della loro fuga, se furono risparmiate dalla distruzione totale lo stabilimento della Fattoria Tabacchi e le tipografie, le principali attività produttive tifernati.
In campagna, alle requisizioni di bestiame operate dal comando tedesco si aggiunsero le razzie perpetrate arbitrariamente dai soldati, che asportarono bestiame, suini, pollame, prosciutto, lardo, uova, vino.
Scrisse Giulio Pierangeli: “Malgrado l’abbondanza del rancio (in gran parte proveniente dai prelevamenti) il soldato tedesco si abbandonava a vere gozzoviglie, con conseguenti ubriacature, che servivano a renderlo più arrogante e più cattivo. Questo non è un quadro di genere: è lo specchio di una situazione, tanto numerosi sono stati gli episodi simili”.
Un saccheggio che devastò anche le abitazioni urbane: “I soldati tedeschi, accantonati nelle case, se queste erano abbandonate, rovistavano tutto, spartivano quello che potesse loro interessare, guastavano il resto; nelle case, ove il proprietario rimaneva, purché ne capitasse il destro, si prelevava quanto poteva far comodo sul momento, lo si caricava su traini meccanici o su carrette con cavallo, e quando ciò non faceva più comodo, perché occorreva far posto a nuove cose razziate, lo si disperdeva. I comandi raramente intervenivano a frenare questi eccessi, ricorrendo a pretesti per esimersene: il più semplice era quello che non capivano”.
Prima di ritirarsi, infine, i tedeschi fecero crollare diverse case all’ingresso della città, per bloccare il transito, e disseminarono di mine le campagne: ordigni che avrebbero provocato la morte di decine di contadini dopo la Liberazione.
La scia di distruzione che accompagnava la ritirata tedesca avrebbe poi investito il resto dell’Alta Valle del Tevere. A Sansepolcro venne abbattuta addirittura la secolare Torre di Berta; Pieve Santo Stefano, più a ridosso della Linea Gotica, fu quasi completamente ridotta in macerie.
 
 

Le date della Liberazione

nell’Alta Valle del Tevere nel 1944

 

 

5 luglio                        Umbertide

7 luglio                        Montone

10 luglio                     Trestina, Volterrano

13 luglio                      Monte Santa Maria Tiberina

22 luglio                      Città di Castello

24 luglio                      Lippiano

26 luglio                      Citerna, Pistrino

29 luglio                      Anghiari, Pietralunga

23 agosto                    Sangiustino

24 agosto                    Caprese Michelangelo

31 agosto                    Pieve Santo Stefano

3 settembre                Sansepolcro

1° ottobre                    Sestino

 

Per un approfondimento:
http://www.storiatifernate.it/pubblicazioni.php?cat=50&subcat=116&group=242