Cresceva l’interesse per lo sport, al quale dichiararono guerra i socialisti – allora molto moralisti –, bollandolo come una “epidemia” pericolosa per la vita dei loro circoli giovanili. Scrisse “La Rivendicazione”: “Lo sport, come è inteso ora, invece di arrecare forza e vigore fisico alla gioventù, ne mina, contamina lo sviluppo”. Ma i socialisti dovettero ammettere che i giovani non gli davano retta e che invece i preti si stavano dimostrando molto più furbi di loro: “Il terreno che abbiamo perduto fra i giovani lo hanno riguadagnato i preti coi loro circoli sportivi ed i loro ricreatori festivi”. Fu allora che, per meglio abbinare sport e politica, i socialisti dettero vita alle squadre di “ciclisti rossi”: “Le squadre ciclistiche costituiranno per i nostri compagni organizzatori e propagandisti l’avanscoperta per quei centri che sono ad oggi trascurati o dimenticati dall’opera nostra. Organizzeremo gite portando opuscoli, giornali”. Inoltra le biciclette potevano fungere per i socialisti da mezzi di comunicazione sicuri e celeri durante gli scioperi.
Anche i non socialisti valorizzarono la bicicletta a fini non sportivi. Esisteva un gruppo di “volontari ciclisti” che potremmo considerare una specie di squadra di protezione civile ante-litteram. Avevano sede nel Palazzo Bufalini e si allenavano nel piazzale limitrofo.
A fine maggio fu allestito un grande saggio ginnico nello spazio attualmente occupato dai giardini di Piazza Garibaldi. Quell’area si chiamava allora “palestra” o “Gioco del Pallone”, dal nome del gioco (che non aveva niente a che fare con il foot-ball) praticatovi sin dall’Ottocento. Oltre alle squadre ginniche delle scuole tifernati, si esibirono – ammiratissime – quelle delle scuole superiori di Arezzo. Vi fu anche una gara di tiro alla fune. Al termine della manifestazione si suonò l’Inno di Mameli.