Nel 1911, quando nasceva la Fattoria Autonoma Consorziale Tabacchi, il comune di Città di Castello contava una popolazione di 26.972 unità, di cui 6.306 nel centro urbano. Il decennio precedente era stato caratterizzato da un consistente flusso migratorio, specialmente verso la Francia, che continuava a essere alimentato dalle precarie condizioni sociali: il Comune aveva rilasciato 2.457 passaporti per l’estero dal 1904 al 1906.
Eppure dall’inizio del secolo sommovimenti politici e sindacali e fermenti culturali stavano scuotendo l’ambiente locale e offrivano l’immagine di una società dinamica, non rassegnata all’arretratezza, pronta a cogliere ogni opportunità per muoversi verso un percorso di sviluppo economico. L’industria che maggiormente contraddistingueva la città, la tipografica, stava vivendo una fase difficile, dopo la morte nel 1903 di Scipione Lapi e la crisi finanziaria dello stabilimento da lui fondato. Tuttavia la “Lapi” riuscì a sopravvivere a quella crisi e a mantenere dimensioni occupazionali consistenti. Inoltre operavano dal 1906 la Scuola Editrice Cooperativa, diventata poi Tipografia “Leonardo da Vinci”, e dal 1910 l'”Unione Arti Grafiche”, un’esperienza cooperativa che si sarebbe protratta per 57 anni. Proprio in quel periodo nasceva la Scuola Tipografica Orfanelli del Sacro Cuore ed Enrico Hartmann avviava una prestigiosa litografia; botteghe artigiane che affiancavano la Tipografia Grifani-Donati, in attività dal 1799. Si ponevano dunque le basi perché Città di Castello si affermasse come una piazza tipografica di rilievo nello scenario nazionale.
Nel campo della meccanica, la Cooperativa dei Fabbri Meccanici ed Affini trovava negli artigiani Samuele Falchi e Tommaso Beccari guide autorevoli, mentre Vincenzo Gualterotti e Attilio Malvestiti si associavano in una impresa che assunse dimensioni industriali. Nel contempo mantenevano una certa consistenza le officine di Guglielmo Vincenti, di Giuseppe Montani e della Ferrovia Appennino Centrale e, nella frazione di Giove, Francesco Nardi cominciava a produrre aratri accolti molto favorevolmente dal mercato. Risale inoltre al biennio 1911-1912 la nascita della fabbrica di mobili di Giustino Cristini e dello Stabilimento Lavorazione Legnami, imprese che introdussero mentalità industriale in un settore tradizionalmente caratterizzato dalla estrema frammentazione dell’artigianato. Infine, tra le attività imprenditoriali più cospicue, dal 1908 operavano il Laboratorio Tela Umbra, con una trentina di addette, e le Fornaci Sociali Hoffmann, con più di quaranta dipendenti e dotate di moderno macchinario.
Alla fine del 1909, poi, aveva preso il via la Scuola Operaia, espressione della lungimiranza di intellettuali e artigiani consapevoli che solo con l’aggiornamento tecnico e il raffinamento estetico dei lavoratori si potevano aprire orizzonti di sviluppo per gli opifici locali.
Una città quindi intraprendente e ricca di risorse umane, che non si lasciava irretire da una emarginazione geografica di cui era simbolo il lento “trenino” a scartamento ridotto della “Arezzo-Fossato di Vico”. E mancava ancora una via di comunicazione con la Romagna, da cui pure filtravano idee cooperativistiche che trovavano nel Tifernate terreno fertile.
Il primo ‘900, inoltre, era stato segnato da rilevanti fermenti anche nelle campagne. Il sorgere delle prime organizzazioni sindacali mezzadrili aveva spronato i proprietari terrieri più aperti e dinamici a rinnovare un secolare patto colonico che manteneva la popolazione rurale in condizioni di pesante arretratezza e sottomissione e sembrava ormai funzionale solo al mantenimento dei privilegi della possidenza più apatica e riluttante a investire in agricoltura. Ci vollero comunque anni di lotte contadine per veder applicato su vasta scala il nuovo patto colonico. All’inizio del secondo decennio del secolo il reddito delle famiglie mezzadrili cominciò ad elevarsi, con ricadute benefiche per l’intera economia, e i proprietari terrieri con maggiore spirito imprenditoriale avevano acquisito ulteriore autorevolezza.