Le lavatrici domestiche si sono diffuse nelle nostre case dagli anni ’60 del secolo scorso. Prima si faceva il bucato in casa, operazione lunga e faticosa, oppure si davano i panni da lavare alle lavandaie. Queste povere donne passavano con le loro carrette, raccattavano i panni e li portavano a lavare al Tevere e presso altri torrenti. Inginocchiate sulle loro pietre, insaponavano e sciacquavano all’acqua corrente: a mani nude, a tutte le stagioni… Un lavoro bestiale. Le prendevano in giro perché pettegole, talora sfrontate. Si ricordi però che la prima vera manifestazione di protesta femminile a Città di Castello la inscenarono proprio le lavandaie. Stufe di lavorare al Tevere in condizioni impossibili, chiesero una cosa semplice, un lavatoio coperto. Era il 1907 quando, in plateale protesta contro "l’incuria dei signori del municipio", portarono i panni ad asciugare nei giardini del Cassero. Il Comune, amministrato allora da soli uomini, ci avrebbe messo ben 27 anni per costruire il lavatoio richiesto. Intanto le lavandaie continuarono a dare il loro contributo all’igiene per poche lire, spezzandosi la schiena e vedendo devastare le mani dall’artrite.
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.