Il Comune mostrava acquiescenza nei confronti di questa spontanea espansione, ma si trovava poi costretto a subire le caratteristiche che assumevano i nuovi insediamenti e l’incalzante richiesta di infrastrutture da parte degli abitanti. Una tale espansione avrebbe potuto soddisfare la domanda di alloggi dell’immediato dopoguerra, ma l’inurbamento crescente e l’aumento nel numero delle famiglie mantennero elevata la fame di abitazioni. Continuò, così, la “generazione spontanea” di nuovi fabbricati, negli stili più diversi, ora realizzati dalle migliori imprese edili, ora dagli stessi interessati. Per di più, solo pochi proprietari dei terreni lottizzavano con razionalità, provvedendo a dotare almeno di strade le aree poste in vendita.
Tra il 1955 ed il 1956, infine, le contraddizioni insite in tale caotico sviluppo esplosero. La mancanza di acqua, luce, fogne e strade nei quartieri periferici, che costringeva al buio e al fango d’inverno e alla polvere e a precarie condizioni igieniche d’estate, fece lievitare la protesta dei cittadini nei confronti dell’amministrazione comunale. Il Comune, a sua volta, aveva finalizzato le risorse a disposizione per incentivare la costruzione di case popolari e per opere pubbliche di generale interesse, indebitandosi ulteriormente e rendendo problematico un incisivo intervento per dotare le aree in questione delle infrastrutture richieste. Tra l’altro, proprio a partire dal primo gennaio 1955 Città di Castello veniva esclusa dall’elenco dei comuni montani, privandola dei benefici che tale classificazione comportava e determinando un aggravamento delle condizioni finanziarie e l’impossibilità di far subito fronte alle richieste dei cittadini.
Verso la fine degli anni Cinquanta, l’amministrazione comunale riuscì almeno ad avviare a soluzione il problema dell’illuminazione. Nell’ambito di un progetto di completo ammodernamento della rete, l’U.N.E.S. fu incaricata di procedere prima all’impianto di nuove lampade nelle principali vie del centro storico e delle zone più prossime alla nuova stazione, poi all’ampliamento del servizio in direzione dei quartieri in via di formazione delle Graticole, di Montedoro e di Pescidoro.
Più complessa si presentava la questione della sistemazione della rete viaria. L’usura del fondo stradale delle arterie a maggior traffico del centro storico, dove, tra l’altro, permanevano strade e piazzette non ancora asfaltate, indusse ad intervenire prioritariamente nella città vecchia. Urgeva, inoltre, asfaltare i tratti interni alle frazioni delle varie strade comunali e provinciali. Quanto alla bitumatura delle vie dei quartieri periferici, se si escludono alcune di particolare traffico, gli abitanti avrebbero dovuto ancora attendere.