I programmi innovatori in campo sociale di Giovagnoli e di Nova Juventus finirono col suscitare crescente ostilità. In effetti i giovani cattolici non nascosero le loro convinzioni democratiche: della Chiesa, scrivevano, “noi accettiamo docilmente e dogmi e morale”, sottomettendoci alla sua autorità “con rispetto ed amore”, ma proprio la nostra fede, ribadivano, ci pone “all’avanguardia dei riformatori sociali”. Né poteva piacere ai tradizionalisti la loro fiducia nel progresso, che doveva essere accettato con entusiasmo e non con “riluttanza”.
Tali convinzioni approfondirono il solco tra Nova Juventus e gli avversari di fede cristiana, né costoro ammorbidirono il giudizio negativo quando anche contro il circolo si accanì la propaganda socialista. Per i socialisti, nemmeno i cattolici innovatori potevano liberarsi del condizionamento negativo di una dottrina che definivano un “bagaglio di roba vecchia costruita nei tempi in cui l’uomo era ancora più vicino alla scimmia di quel che oggi lo sia”.
Mai espresse in modo pubblico e formale, le accuse di modernismo e di insofferenza della gerarchia ecclesiastica incombevano su Giovagnoli e sui suoi collaboratori. Continuarono comunque la difficile navigazione, cercando di salvaguardare ogni possibile spazio di iniziativa autonoma senza incorrere in esplicite condanne da parte delle autorità ecclesiastiche. Espressero “adesione incondizionata alle norme dettate dal Pontefice” e proclamarono la volontà di “tenersi al corrente degli errori moderni teologici e filosofici”. Ma ribadirono che il dovere dell’ubbidienza riguardava solo questioni di fede e di morale, rivendicando al cattolico la libertà di compiere scelte secondo coscienza in campo sociale e politico.
“Gioventù Nova” non sconfessò mai i democratici cristiani, anzi continuò ad illustrarne senza remore le idee. Inoltre si spinse ad auspicare l’unione di tutti gli uomini “di buona volontà”, così da raccogliere nel movimento riformatore “tutte le forze che coscientemente o incoscientemente sono animate da spirito cristiano, senza badar troppo alle loro idee politiche”. A queste aperture verso gli avversari moralmente irreprensibili si accompagnava la condanna dei credenti ipocriti, immorali e sfruttatori. Tali affermazioni tenevano viva la diffidenza delle autorità ecclesiastiche e facevano gravare sul circolo la concreta minaccia di una sconfessione.
Le direttive esposte da Pio X nell’enciclica “Pascendi dominici gregis” parvero offrire l’attesa opportunità di dialogo. Giovagnoli dichiarò di accettare “docilmente” le disposizioni della Chiesa ed intravide ancora un’ampia possibilità di azione per la sua associazione.
Nonostante i problemi, Nova Juventus si diffuse in altre località umbre, nelle Marche e nella Romagna, fondando circoli anche in località lontane come Udine e Messina.