Prima ancora di giungere a Città di Castello, Carlo Liviero capì che avrebbe dovuto affrontare la pregiudiziale ostilità di molti. “La Rivendicazione”, l’organo settimanale della sezione tifernate del partito socialista, dette così l’annuncio della sua nomina a vescovo: “[Liviero] viene a combattere noi e i democratici cristiani […]. Troverà pane per i suoi denti”. E poco prima del suo arrivo: “[La città] non volle i gesuiti e non vorrà un vescovo politicante, faccendiere e provocatore” .
In effetti quell’anticlericalismo che lambiva in modo significativo anche settori conservatori del liberalismo, era alimentato soprattutto da socialisti, repubblicani e radicali, cioè da quello schieramento politico che lottava per riformare la società. Furono costoro a osteggiare aspramente sin dall’inizio Liviero, il quale, a sua volta, nella prima lettera pastorale, mise in chiaro che fra le anime da salvare “a qualunque costo” metteva anche quelle della “gente sconsigliata che solo dai torbidi e dalle rivolte si aspetta il miglioramento sociale ed economico”, che si accanisce contro la religione “e sulle rovine della fede spera innalzare i suoi trofei”.
È però opportuno chiarire i contorni di questo anticlericalismo, per meglio capire le ragioni che spingevano vasti settori dell’opinione pubblica e autorevoli personaggi a diffidare della Chiesa. Proprio l’arrivo in città di Liviero indusse “La Rivendicazione” a indicare le linee interpretative dell’anticlericalismo socialista. Il periodico affermò di non voler combattere la religione, “considerata s’intende come sentimento o aspirazione spirituale”, ma la Chiesa, intesa “come forza di conservazione del presente regime sociale”; non vi era dunque, a dire dei socialisti, “nessun proposito di persecuzione contro la Chiesa in se stessa come credenza”. Quanto a Liviero e al clero, si legge nell’articolo: “Rispetteremo lui i canonici e i preti nel loro esercizio spirituale, e non offenderemo la religione, non bestemmieremo il Cristo: ma non tollereremo la invasione del potere chiesastico sul potere laico e civile; denunceremo la superstizione e il magismo […]; propugneremo la liberazione dell’anima popolare dalla nebbia densa del servilismo; opporremo al loro consiglio di rassegnazione bastarda e schiavista il grido rivoluzionario della emancipazione proletaria; riaffermeremo che al prete devono essere tolti i benefici, i poderi e le congrue parrocchiali […]”.
Il resto del testo è nell’allegato.
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.