Leopoldo Franchetti iniziò l’attività politica nel 1882, due anni dopo essersi stabilito a Città di Castello. Venne eletto, con il consenso di 4.849 elettori su 8.732 votanti, nel collegio plurinominale di Perugia. Contestualmente entrò a far parte del consiglio comunale tifernate, ma la sua partecipazione alle sedute fu sporadica.
Proprio in quel periodo cominciò a organizzarsi il movimento progressista. Dopo lo scadente risultato delle elezioni del 1882, i democratici di Città di Castello trovarono un loro leader di prestigio in Giuseppe Nicasi. Nel 1885 questo facoltoso proprietario terriero fondò la Società Repubblicana “Pensiero e Azione” e, tra l’agosto di quell’anno e l’ottobre del 1887, pubblicò il settimanale “La Scintilla”. Consapevole della vulnerabilità del suo schieramento, Nicasi favorì l’unità d’azione tra repubblicani e radicali, grazie alla quale le elezioni politiche del 1886 segnarono un primo significativo successo delle forze di sinistra, con l’elezione del radicale Odoardo Pantano. Fu però Franchetti il trionfatore di quelle elezioni: si guadagnò infatti una brillante riconferma come primo degli eletti nella lista dei ministeriali, con il 73,16% dei consensi a livello locale e il 62,51% nel collegio.
Nel 1892, con la ristrutturazione del sistema elettorale, Franchetti si ripropose nel collegio uninominale dell’Alto Tevere umbro. Non ebbe competitori e ottenne 484 dei 543 voti. Invece, quando si tornò alle urne nel 1895, tentò di sbarrargli il passo proprio Giuseppe Nicasi. […]
Franchetti vinse ancora, ottenendo il 62,63% dei voti espressi; Nicasi raccolse 840 voti, pari al 32,65% dei votanti. In quelle elezioni prese dunque corpo un fronte democratico variegato e autorevole, di non trascurabile consistenza, benché ancora costituito da frange minoritarie dell’artigianato più cosciente e della borghesia e della possidenza più aperte all’innovazione.
Nella successiva tornata elettorale del 1897, Franchetti annunciò il suo programma in un periodico locale. Si presentò con piglio combattivo: “Per la sesta volta io aspiro all’onore di rappresentare in Parlamento il Collegio di Città di Castello, e pongo la mia candidatura. E la porrò molte altre volte ancora, se Dio mi darà vita, e se Voi mi manterrete la vostra fiducia. Non è mia intenzione abbandonare le lotte e i lavori della Camera dei Deputati. Le presenti condizioni d’Italia dimostrano più che mai quanto importi perseverare a combattere onde trionfi il programma che a nome vostro e mio, ho sostenuto sempre alla Camera”.
Quindi elencò i punti salienti della sua piattaforma politica: “[…] amministrazione pubblica onesta; finanza severa; guerra agli affaristi; miglioramento delle condizioni delle classi lavoratrici ai cui reclami, anche i più giustificabili, è stato finora risposto, o con repressioni violente, o con parole vane di simpatia; esercito proporzionato alle forze economiche del Paese, ma efficacemente organizzato; politica estera savia e dignitosa”.
Franchetti non ebbe alcuna difficoltà per la riconferma; dovette fronteggiare solo la candidatura simbolica e di protesta del socialista incarcerato Nicola Barbato. La sezione socialista di Città di Castello era sorta da appena due anni.
Estratto, senza note, del saggio Le vicende politiche di Leopoldo Franchetti a Città di Castello, di Alvaro Tacchini, in Leopoldo e Alice Franchetti e il loro tempo, a cura di A. Tacchini e P. Pezzino, Petruzzi Editore, 2002.