Con il passar dei mesi lo scontro si fece durissimo. I socialisti pubblicarono sul loro giornale una rubrica contro Franchetti: la “Baroneide”. Ne misero in discussione addirittura la generosità, soprannominandolo il “signor cento franchi”: alludevano alla modestia delle sue elargizioni in beneficenza, per le quali, a loro dire, aveva fissato in L. 100 la soglia massima.
I socialisti tentarono di demitizzare il contributo dato localmente da Franchetti all’occupazione. Si rivolsero a lui con queste parole: “Il mandato legislativo vi piovve addosso […] da una popolazione abbarbagliata e illusa dal lavoro che le davate, dal benessere temporaneo che le procuravate e facevate intravedere”; però “[vi siete comportato così] non solamente per un’idea umanitaria ma unicamente per aumentare il valore reale delle vostre proprietà”. Come proprietario, inoltre, insistettero i socialisti, “[siete come tutti gli altri; anzi] i vostri agenti hanno atteso all’agguato i piccoli possidenti immiseriti, per ispogliarli strozzinescamente a vostro vantaggio”.
Quando, nel settembre del 1903, morì improvvisamente Scipione Lapi e la città intera fu scossa per la perdita di un personaggio benemerito, i progressisti tifernati non perdonarono il freddo distacco di Franchetti: “Per la morte dell’unico uomo che abbia avuto il coraggio d’impiantare una industria a [Città di] Castello, per la morte di uno dei pochi che abbia illustrata questa terra dimenticata e negletta, solo un uomo si è completamente disinteressato di questa sventura cittadina. E quest’uomo è il rappresentante politico di Città di Castello, è l’on. Leopoldo Franchetti”.
Le critiche a Franchetti finirono con il ripetersi, con crescente virulenza: “[mai vi siete] occupato di interessi cittadini”; “i vostri galoppini hanno portato la corruzione nel corpo elettorale”; “voi siete il rappresentante genuino della borghesia flaccida, neghittosa, dormigliona di Città di Castello”, “[il vostro stato maggiore] è composto da tutte quelle persone che hanno spadroneggiato nel modo più vergognoso il Municipio, che spadroneggiano nella Congregazione di Carità, nell’Esattoria, nella Cassa di Risparmio, […] che hanno voluto lontani da Città di Castello i pubblici funzionari onesti”, una “cricca ristretta che ha assorbito tutta la ricchezza cittadina, che ha voluto per sé tutti i migliori impieghi”, E, per quanto riguarda la politica nazionale: “Che rappresentate voi nel Parlamento italiano? Semplicemente gli interessi dei grandi latifondisti […] questa classe di parassiti”, “siete un fautore convinto delle spese militari enormi e di tutte le spese improduttive”; “siete uno dei più accaniti forcaioli”, “sempre con i deputati più reazionari nell’invocare manette e piombo contro i sovversivi”.
Estratto, senza note, del saggio Le vicende politiche di Leopoldo Franchetti a Città di Castello, di Alvaro Tacchini, in Leopoldo e Alice Franchetti e il loro tempo, a cura di A. Tacchini e P. Pezzino, Petruzzi Editore, 2002.