I paesaggi che Hartmann fotografò e raccolse nei suoi album raffigurano l’intera vallata, dalle Balze a Umbertide. Nel caso di alcuni borghi e villaggi si tratta delle loro foto più antiche. Di quanto l’Alta Valle del Tevere affascinasse questo nostro cittadino d’adozione ne sono prova le sue agende annuali. Non è raro trovare, persino nelle più piccole, schizzi minuti di paesaggi che gli ricordavano una piacevole passeggiata; altri quadernetti raccolgono disegni più compiuti dei luoghi visitati.
Hartmann conosceva assai bene la valle, che era abituato a percorrere spesso a piedi. Basti citare, a tal proposito, alcune sue passeggiate del 1903. Domenica 18 gennaio: “Fatto progetto di andare col treno a Anghiari e poi tornare a piedi. All’1.30 andato alla stazione […]. Arrivati a Anghiari e preso un bicchiere di vino nero […] abbiamo camminato a marcia, erano le 2.35, Trebbiano 2.54, S. Leo alle 3, a Fighille 3.17, Pistrino 4, passati poi lungo il Tevere fino al ponticino di legno a Piosina, alle 6 a Castello”. Martedì 19 maggio: “Alle 16.30 andato leggendo nuovo giornale di Arezzo fino a S. Giustino a piedi per tornare in treno”. Mercoledì 20 maggio: “Alle 16.30 andato a piedi a S. Sepolcro”. L’8 giugno: “A sera andato pian piano leggendo ‘Sebastopoli’ di Tolstoi fin ai Ranchi del Nestoro. Tornato in treno.” Il 15 giugno: “La sera andato a Fraccano, poi tornato per Petrarca e Bagno. Il cane di Sensi mi accompagnò in città”.
Un rapporto particolare legava Hartmann a Sansepolcro: era il lavoro per la “Buitoni”, che aveva affidato proprio alla “Lapi” la stampa di una parte considerevole delle sue etichette, carte intestate e materiale pubblicitario. I Buitoni consideravano Hartmann un loro incisore di fiducia, tanto da premiarlo con dei doni “in natura”: “[…] i Buitoni mi mandarono certe paste […] io le aveva date via al personale della litografia […] e per me non ho preso niente” (2 dicembre 1904); “Alle 15.40 andato per lo Stabilimento a Sansepolcro a disegnare la Fabbrica Buitoni” (27 luglio 1906); “Io la mattina feci una scappata allo Stabilimento con una lettera dei Buitoni che reclamavano energicamente perché non rilavoro per loro” (16 gennaio 1910).
Le annotazioni nelle agende di Hartmann offrono informazioni di grande interesse, per quanto sintetiche. Ne propongo una, struggente per noi altotiberini se si pensa a quale fosse il paesaggio a quell’epoca. Hartmann, con il figlio Carlo, salì sul colle di Belvedere, a est di Città di Castello. Poi scrisse: “Ci siamo trattenuti molto sulla banchina della pineta De Cesare; era una serata limpidissima; abbiamo osservato il treno fino ad Anghiari e poi quando è ripartito da quella stazione”. Era una valle ancora prettamente agricola, solcata da una linea ferroviaria che costituiva l’unica “violenza” dell’uomo al paesaggio; un padre e un figlio, in affettuosa compagnia, seguivano con occhi curiosi una locomotiva fumante passare tra campi di grano e filari di “oppi” fino ad Anghiari.
Era il 6 maggio 1909.