Intanto giungevano lusinghiere notizie sulle prospettive di carriera dei suoi allievi. Adelio Alunni gli manifestò da Spoleto tutta la sua gratitudine: “Caro maestro, posso dire francamente che lei ha dato spunto alla mia riuscita (spero bene) e che nessun altro maestro avrebbe dedicato tutta la sua passione e la sua pazienza come ha fatto lei.” Dello stesso tenore una lettera di Anita Cerquetti, in procinto di partire per una serie di spettacoli a Malta: “Liduino è rimasto entusiasta di me… Il direttore d’orchestra ha detto che la mia è la migliore voce che c’è oggi a Milano. Anche Beniamino Gigli si interessa a me… Carissimo maestro, non dimenticherò mai ciò che lei ha fatto per me, ma purtroppo per ora la mia ricompensa non si limita che a un grande affetto e gratitudine. Non dimenticherò mai il mio caro maestro che con tanta pazienza e abnegazione ha saputo avviarmi a questa difficile e pericolosa carriera.”
Nelle rare occasioni in cui i due cantanti riuscivano a tornare in città, Arcaleni li accompagnava al piano in recital lirici che mandavano in visibilio il pubblico tifernate e di altre località vicine. Insieme a loro si esibiva anche Eolo Pei. Si stava quindi formando un affiatato gruppo di artisti che amava ritrovarsi per degli spettacoli nei rari momenti di comune frequentazione di Città di Castello. Ma quel sodalizio fu drammaticamente rotto dall’immatura scomparsa del giovanissimo fisarmonicista nel 1951. Tre anni dopo il “maestrino” era comunque ancora a fianco degli altri suoi pupilli in due concerti vocali e strumentali allestiti in città. In quello di novembre esordì un altro cantante da lui avviato alla lirica: il baritono Lorenzo Testi.
Arcaleni, già settantenne, viveva con trepidazione la loro avventura artistica, rammaricandosi per ogni loro ritardo nel comunicargli notizie dirette. Dovette certo dolersi delle difficoltà che impedirono ad Alunni di esprimere le enormi potenzialità; lo stesso maestro Zeetti ne fu turbato. Nel contempo non poté non lasciarsi trascinare dall’entusiasmo quasi incredulo con cui Anita Cerquetti gli raccontava i primi trionfi. Una sua lettera, alla fine del 1956, contribuì a risollevarlo dal dolore per la perdita della moglie, deceduta nel luglio di quell’anno. La soprano lo faceva partecipe di “dimostrazioni di consenso sincere, spontanee e commoventi”, di “acclamazioni” nei concerti, dei primi emozionanti gesti di omaggio da parte degli ammiratori, di spettacoli a Barcellona, Roma, Firenze e Catania, della prospettiva di un nuovo viaggio in America, e concludeva: “Con vero piacere vorrei che lei fosse presente almeno ad una mia recita. Pensi che a Castello canterei un’opera proprio per lei e per il comm. Corsi”.
Due anni dopo, le lettere della Cerquetti gli parlavano di nuovi trionfi in Europa ed America, di emozionanti debutti in teatri prestigiosi, della sua mirabile sostituzione della Callas per la “Norma” a Roma, della spirale di astiose rivalità in ambito lirico che ormai rischiava di coinvolgerla. Ma le lettere raccontavano anche dell’abbraccio soffocante del pubblico, dell’opportunismo e della petulanza di molti giornalisti, di ritmi di lavoro sempre più stressanti. E proprio dietro a tale sovraccarico di lavoro e di tensioni si celavano i primi problemi, già emersi con la rinuncia ad una recita a Palermo per le precarie condizioni psico-fisiche. La breve ma intensissima e trionfale carriera artistica di Anita Cerquetti si sarebbe conclusa agli inizi degli anni Sessanta per il desiderio della cantante di un periodo di riposo dopo anni di frenetici impegni di lavoro. In seguito non avrebbe più trovato le giuste motivazioni per riprendere l’attività.
L’estratto manca delle note presenti nel testo Roberto Arcaleni “il Maestrino” (Scuola Grafica dell’IPSIA, 1995).