Vi è un periodo controverso della vita di Gabriotti, con episodi di difficile interpretazione e una documentazione lacunosa che lascia ampio margine a dubbi.
Nel luglio del 1934 “La Nazione” pubblicò una lunga recensione del libro “Storia del 43° Reggimento Fanteria”. L’articolo rievocava le gesta dei tifernati che avevano fatto parte del corpo, soffermandosi con grande enfasi sull’eroismo del “capitano” Gabriotti; descrisse gli atti di coraggio per i quali lo avevano decorato e citò le motivazioni delle medaglie al valor militare. Quindi additò i caduti per la Patria e i gloriosi superstiti “ad esempio alle nuove generazioni e al culto e alla riconoscenza dei cittadini”. Fin dall’avvento del fascismo i giornali, sui quali il regime esercitava un pesante controllo, avevano accuratamente evitato di pubblicizzare le imprese militari di Gabriotti. Questo articolo, invece, dava un risalto inconsueto alla figura del notorio oppositore.
Alcuni mesi dopo, a ottobre, Gabriotti varcò la soglia della sede del Fascio Giovanile e, accolto da un numeroso pubblico, parlò sul tema “L’Italia prima della guerra”. Si trattava di una conferenza promossa dall’Istituto di Cultura Fascista. La rievocazione tracciata dall’oratore destò “una profonda impressione” sui presenti, che lo applaudirono a lungo. Per quanto l’argomento della conferenza fosse di carattere squisitamente storico e l’atmosfera dell’incontro improntata ad “alto patriottismo”, colpisce il fatto che le autorità fasciste avessero inserito Gabriotti tra i conferenzieri, e che lui stesso avesse accettato l’invito. Questo lascia supporre che qualcosa stesse mutando nei rapporti tra il Fascio e il vecchio “popolare”. Una semplice tregua, considerato che il regime, forte più che mai, non aveva più ragione di temerlo? O un vero e proprio cedimento di Gabriotti, in un periodo in cui molti democratici di un tempo, anche cattolici, salivano sul carro del vincitore?
Una foto offre altri spunti controversi. Risale molto probabilmente al 2 giugno 1934, giorno in cui si svolse a Perugia un’adunata dei volontari di guerra. In marcia in prima fila e in camicia nera pare di riconoscere Venanzio Gabriotti a fianco dell’avv. Carlo Zaganelli.
Nell’ipotesi della veridicità dell’identificazione, cosa poteva essere successo da indurre Gabriotti a sfilare in camicia nera a Perugia? Che si sia trattato di un’abile messinscena, orchestrata insieme ad amici dell’ambiente combattentistico, per “ammorbidire” i gerarchi provinciali e facilitare l’accoglimento del suo reclamo contro la rimozione dal grado? O fu un momento di grande disorientamento? Sono, queste, domande destinate a rimanere senza una risposta conclusiva. L’unica cosa certa è che negli anni successivi Gabriotti sarebbe stato ancora indicato dai fascisti come l’oppositore per eccellenza, l’avversario più aperto e coraggioso, per quanto imbrigliato dalla dittatura.
L’estratto è una breve sintesi, senza note, del testo in Venanzio Gabriotti e il suo tempo (Petruzzi Editore, 1993).