Filande, lanifici e tessitura
Nei primi anni ’20 del XIX secolo l’industria tessile tifernate aveva una consistenza assai modesta. Mancavano del tutto fabbriche di tessuti di lana. Si legge in una relazione municipale: “In questa città non esistono fabbriche di lana, né fabbricatori o tintori riconosciuti ed autorizzati legittimamente, poiché quelle mezzelane, saie e rozzi castorini che qui si lavorano, sono un oggetto per la massima...
Un radicamento reale nel tessuto economico tifernate lo avevano invece le filande, gli opifici dove si dipanavano i bozzoli dei bachi da seta, con la trasformazione delle fibre tessili in fili e matasse di seta greggia. Le filande sottoponevano a trattura i bozzoli dopo che erano stati essiccati, “crivellati” secondo le dimensioni e selezionati sulla base della qualità. Dapprima li maceravano per ammorbidirli; quindi li “scopinavano”...
Tra l’aprile e il luglio del 1827 Giuseppe Fabbi e Luigi Bellanti ottennero la patente richiesta da precedenti disposizioni per “proseguire” la fabbricazione di “drappi di lana di seconda qualità, come saje e mezzelane”. Era in atto un intenso sforzo per stimolare l’industria tessile nello Stato pontificio. Il Camerlengo istituì un concorso annuale con premi ai “tessuti di lana, seta, cotone,...
Scriveva il gonfaloniere nel 1824: “Si ha una tintoria, di cui si servono i nostri contadini ed artieri per tingere drappi di mezza e tutta lana tessuti da loro per consumo domestico”.
A metà dell’Ottocento non esistevano più tintorie autonome: “I tintori sono anche fabbricatori di tessuti in lana per supplire alla pochezza del guadagno”. Pertanto non rimanevano che i reparti di tintoria attrezzati all’interno...
Le relazioni statistiche inviate dal Municipio nel 1864 documentano un settore in espansione. Non si fa più riferimento a Luigi Bellanti, benché ancora vivente; però ne continuavano la fabbrica i fratelli Agostino e Antonio Sinnati, figli di primo letto di sua moglie Margherita. Il lanificio, cotoneria e tintoria dei Sinnati era arrivato a impiegare 90 operai, di cui 25 uomini, 60 donne filatrici e 5 fanciulli. Producevano “panni,...
Nel 1888 il sindaco inviò al ministero i dati sulla tessitura casalinga; li definì “non lontani forse dal vero”, perché non poteva “garantirne la precisione assoluta”. Allora si calcolavano in 1.240 i telai per tessitura diffusi fra la popolazione del comune, specie nelle campagne. Da un punto di vista statistico li si suddivideva in 40 per lana, 80 per cotone, 500 per lino e canapa, 590 per materie miste...
Nel XX secolo, la storia dell’artigianato artistico femminile è legata al nome di una donna americana, Alice Hallgarten Franchetti, moglie del barone Leopoldo Franchetti. Alice giunse a Città di Castello nel 1900 ed entrò subito in comunione con la nuova terra. Soprattutto si sentì vicina ai bambini e alle donne di una società povera verso la quale desiderava manifestare una concreta solidarietà. Le...
Mentre “Tela Umbra” viveva la sua eccezionale e faticosa avventura, sopravviveva poco altro dell’industria tessile tifernate. Nella seconda decade del Novecento, come s’è detto, l’ormai “microscopico lanificio” di Guglielmo Vincenti a Rignaldello stava per chiudere. Il figlio Vito non volle però rassegnarsi e nel 1920 trovò altri soci per dar vita al Lanificio Vincenti, Giornelli &...
Alla fine degli anni ’30 lo sviluppo autarchico dell’economia in seguito all’isolamento internazionale dell’Italia fu all’origine di un peculiare tentativo di industria tessile. Angelo Gaburri impiantò fuori porta San Florido lo Stabilimento per la Lavorazione della Ginestra. Da questa pianta, che cresce abbondante sulle alture altotiberine, si potevano ricavare fibre tessili di non eccelsa qualità, ma utili...
Quando a Città di Castello si aprirono le prospettive di attrezzare una zona industriale, il tessile si presentava come uno dei settori più deboli dell’economia locale. Alla fine del 1963, le cinque aziende censite (“Tela Umbra”, la camiceria “Miller”, il borsettificio di Giuliano Bassini, la Lord Confezioni e la fabbrica di scarpe “Galassia”) non davano lavoro che a 82 addetti, appena il 3%...